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Cremona e Torino, due agricolture a confronto |
Al settore agricolo non servono divisioni ma unità
Da una parte la Fiera internazionale del bovino da latte disertata da
politici e mass media, con gli allevatori a riflettere da soli sui loro
problemi; dall’altra il Salone del Gusto, con ministri e addirittura il
presidente della Repubblica, a presentarsi come modello virtuoso di
agricoltura. Ma è proprio così?
Dal 26 al 30 ottobre scorso, a poco più di 200 km di distanza, si sono
tenuti due eventi che hanno coinvolto a vario titolo il settore agricolo.
Due appuntamenti molto importanti dai quali sono emerse numerose analisi
interessanti sui diversi modelli di sviluppo del nostro sistema
agroalimentare.
Due manifestazioni che, se ci si limitasse a una lettura immediata, a caldo,
hanno raccontato due agricolture diverse, quasi in contrapposizione tra
loro: da un lato quella rispettosa dell’ambiente, attenta allo sviluppo
sociale, valorizzatrice delle diverse colture e culture; dall’altra quella
professionale, intensiva e inquinatrice, «mantenuta» solo dalle risorse
pubbliche, generatrice di squilibri a livello mondiale.
Stiamo parlando del Salone del Gusto - Terra Madre di Torino e della Fiera
internazionale del bovino da latte di Cremona.
A scanso di equivoci, sottolineiamo subito che siamo convinti della
buonafede di tutti gli attori protagonisti di queste manifestazioni. A
partire da quel grande visionario illuminato di Carlo Petrini, presidente
internazionale e fondatore di Slow Food, che anche quest’anno è stato in
grado di far puntare i riflettori mediatici sull’agricoltura come nessun
altro.
Contrapposizione nociva
Siamo totalmente convinti della sua buonafede quando dice, davanti a una
platea di centinaia di produttori vitivinicoli italiani (quelli migliori,
premiati dalla Guida Gambero Rosso - Slow Food) che non sa cosa darebbe «per
contribuire concretamente al successo di tutta l’agricoltura». Come non
possiamo non apprezzarlo quando, ormai da un paio d’anni, in ogni occasione
continua ad affermare che il «mangiare è prima di tutto un atto agricolo».
Ma proprio questa condivisione di principi, di spirito, di rinato orgoglio
agricolo ci fa affermare che la contrapposizione tra agricolture nel nostro
Paese è nociva e non rispecchia la realtà dei fatti.
Senza sostenibilità economica delle imprese agricole, infatti, diventa
difficile garantire qualità, risulta impossibile essere interlocutori forti
nei confronti dei distributori, dei commercianti, soprattutto nei rapporti
con la gdo.
Petrini sottolinea come si debba recuperare in agricoltura «il concetto del
limite, in quanto la terra non è un contenitore inesauribile».
Come si fa a non essere d’accordo con questa affermazione? Perché allora non
invitare a Terra Madre – lo avevamo scritto anche lo scorso anno – qualche
migliaio di allevatori italiani, proprio quelli che erano a Cremona, per
raccontare gli sforzi che stanno facendo per il benessere animale, per la
gestione di stalle con tecniche sempre più ecompatibili? Quelle tecniche,
che servono poi a garantire la qualità del latte utilizzato per produrre
perle straordinarie come il Parmigiano-Reggiano, presente in grande stile
proprio al Salone del Gusto. O chiamare anche quegli allevatori di suini che
garantiscono cosce ideali per le eccellenze come il Prosciutto di San
Daniele, anch’esso presente al Lingotto di Torino con degustazioni che hanno
deliziato il palato dei visitatori.
Quindi, se vogliamo essere onesti fino in fondo, si potrebbe dire che a
Torino quelli che mancavano erano proprio i «contadini» con i gambali.
Quelli erano a Cremona.
Ebbene: piccolo, medio e grande nella nostra agricoltura devono poter
coesistere.
Su questa coesistenza si gioca gran parte del futuro non solo della nostra
agricoltura, ma di tutto il nostro sistema agroalimentare di qualità.
Per questa ragione noi ci permettiamo di stimolare un dialogo aperto, senza
paure, pregiudizi, tra i diversi modelli di impresa e tra coloro che hanno a
cuore il destino dei nostri produttori.
A questo proposito non ha fatto piacere constatare come l’appuntamento di
Cremona sia stato totalmente disertato dai maggiori rappresentanti politici
della nostra agricoltura, in primis dal ministro Paolo De Castro.
Si tratta di un fatto grave che giustamente è stato stigmatizzato a Cremona
dal presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni.
Quest’ultimo, però, non ci è piaciuto quando è entrato nell’ennesima
polemica con la Coldiretti. Ecco, è proprio questo tipo di divisioni che
arrecano ulteriore danno al nostro sistema agricolo.
A Torino, invece, la rappresentanza del Governo italiano, in tutte le figure
più importanti, è stata praticamente continua in tutti i giorni delle
manifestazioni.
In particolare, Terra Madre è stata aperta, oltre che dal nostro ministro
delle politiche agricole, anche dal presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano.
Un fatto eccezionale, di grande positività.
Ma vedere la Fiera internazionale del bovino da latte orfana non solo delle
rappresentanze di Governo, ma addirittura della politica agricola che conta,
fa male. Le contrapposizioni tra organizzazioni professionali fanno anche
peggio. Sono divisioni, dal nostro punto di vista, ingiustificate e
pericolose.
La recente edizione del Sommet de l’elevage di Clermond Ferrand, in Francia,
un’importante manifestazione zootecnica, ma nemmeno la più importante, è
stata aperta del presidente francese Jacques Chirac che ha ribadito il suo
impegno a mantenere competitiva l’agricoltura francese nel suo complesso.
È un confronto che fa male, ma è fondamentale, una volta per tutte, imparare
a fare sistema nel nostro Paese.
C’è una sola agricoltura in Italia, ed è quella fatta dagli imprenditori
agricoli, o se si preferisce, come dice Petrini, dai contadini. Certo,
contadini, ma che devono imparare a stare in un mercato sempre più difficile
e che hanno bisogno di supporto, non di divisioni.
Sogniamo, quindi, per le prossime edizioni, più contadini veri a Torino e
più rappresentanze di Governo a Cremona: sarebbe un segnale importante di
rinnovamento nel nostro Paese.
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