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Politiche nazionali da rivalutare |
Il recente Forum di Cernobbio ha messo in evidenza la necessità di
politiche capaci di rafforzare i sistemi agroalimentari, ottimizzando le
relazioni intersettoriali. In questa direzione il ruolo dello Stato e delle
Regioni è fondamentale
E' senza ombra di dubbio, l’appuntamento più importante per
riflettere sul futuro del nostro sistema agroalimentare. Parlo del Forum
internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione che da sei anni la
Coldiretti organizza a Cernobbio (Como). La formula scelta, che mette a
confronto alcuni importanti studiosi di scienze sociali con imprenditori di
spicco del sistema agroalimentare italiano e con i responsabili della
politica e delle istituzioni, costituisce il fattore vincente, che consente
alle due giornate di lavoro di concludersi sempre fornendo stimoli di
riflessione molto interessanti. Ovviamente, come avviene in queste
occasioni, alcuni temi trovano delle possibili risposte, altri restano con
dei punti di domanda. Nell’edizione di quest’anno, a mio avviso, sono
rimasti latenti due temi. Il primo, sottolineato in più interventi, è che
oggi per lo sviluppo dell’agricoltura non basta più una politica che si
preoccupi solo della fase primaria, ma è necessaria una politica capace di
rafforzare la complessiva capacità competitiva dei sistemi agroalimentari
italiani, sia sul mercato Ue che sui mercati internazionali. Fermiamoci per
ora su questo primo punto.
Credo che non ci sia molto da discutere sul fatto che nelle moderne economie
post-industriali lo sviluppo dell’agricoltura dipenda da quello di sistemi
agroalimentari dove l’agricoltura è perno e nello stesso tempo anello di
filiere nelle quali la catena del valore si sposta sempre più verso la fase
della distribuzione. La domanda è, dunque, se l’attuale politica per
l’agricoltura, in particolare la pac, sia stata pensata per essere destinata
a incidere significativamente sui sistemi agroalimentari di cui
l’agricoltura è parte e da cui dipende, di fatto, il suo sviluppo. Credo che
la risposta possa essere negativa. Anche con la recente riforma, la pac
resta una politica tutta centrata sull’agricoltura come settore primario di
produzione e l’aspetto innovativo sta soprattutto nello sforzo di proiettare
il comparto verso le nuove funzioni (ambiente, sicurezza alimentare, qualità
della vita, ecc.) richieste dalla società civile nell’ottica dello «sviluppo
rurale», meglio, di quello che la Coldiretti chiama «sviluppo locale».
Se è vero che lo sviluppo dell’agricoltura richiede oggi politiche capaci di
rafforzare i sistemi agroalimentari, allora emerge in maniera evidente il
ruolo che spetta alle politiche nazionali, che spesso siamo abituati a
considerare marginali rispetto alla politica comunitaria.
Le politiche di sistema non sono, infatti, centrate solo sullo sviluppo dei
singoli settori, ma devono puntare a ottimizzare le relazioni
intersettoriali creando dei modelli di governance che possano ridurre
i costi di transazione, vale a dire i costi prodotti dall’inefficienza del
mercato intersettoriale, per aumentare la capacità competitiva del sistema
nel suo complesso. È facile capire, quindi, che il ruolo dello Stato e delle
Regioni è fondamentale in questa direzione. Basta un esempio: a Cernobbio
molti hanno denunciato, come causa della difficile penetrazione delle nostre
produzioni agroalimentari sui mercati internazionali, l’assenza su questi
mercati delle grandi catene nazionali della distribuzione moderna.
La vera causa della mancata internazionalizzazione delle nostre catene della
grande distribuzione non è la carenza di spirito imprenditoriale di Coop,
Esselunga, ecc., ma la miope politica sul commercio che è stata fatta negli
anni passati, che ha frenato la crescita delle nostre catene della gdo,
ritardando la fine segnata della distribuzione tradizionale e provocando la
perdita di canali privilegiati per le nostre produzioni agroalimentari.
Qui possiamo introdurre la seconda domanda rimasta, a mio avviso, inevasa a
Cernobbio. Più sopra abbiamo accennato alla necessità di mettere a punto
degli efficaci modelli di governance nelle relazioni di filiera dei
sistemi agroalimentari. Durante il Forum di Cernobbio, soprattutto da alcuni
rappresentanti della Coldiretti, è venuta una forte critica al modello delle
relazioni interprofessionali, che ha cercato finora di regolare i rapporti
tra le diverse fasi delle filiere agroalimentari.
Non ho alcuna difficoltà a riconoscere il fallimento delle relazioni
interprofessionali nel sistema agroalimentare del nostro Paese, tanto che si
è cercato più volte di analizzarne le cause anche su queste pagine. Resta il
fatto, però, che le relazioni interprofessionali, sia pure coniugate
diversamente e non sempre con successo, guidano i rapporti tra agricoltura,
industria di trasformazione e distribuzione anche negli altri Paesi dell’Ue.
A questo punto, se si deve andare oltre l’interprofessione, quale potrebbe
essere il modello alternativo? Dal Forum di Cernobbio di quest’anno non mi
pare sia venuta la risposta.
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