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Credito ai poveri, un'idea da Nobel |
Muhammad Yunus, Nobel per la pace 2006, deve il riconoscimento
all’aver dato la possibilità anche ai più poveri di emanciparsi. L’idea
vincente è stata la responsabilizzazione del gruppo cui appartiene la
persona che chiede il prestito
Negli anni 60 l’economista americano Gale Johnson sosteneva che il
progresso agricolo era il motore dello sviluppo: generando surplus, stimola
il mercato. La rivoluzione industriale trovò infatti linfa vitale nella
precedente rivoluzione agronomica. Sbagliano quei sistemi che puntano
all’industrializzazione forzata espropriando risorse agricole. Anche per
questo motivo le economie pianificate sono fallite.
Negli anni 90 Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, intuì che
lo sviluppo di un Paese arretrato si fonda sul diritto dei poveri ai bisogni
fondamentali (accesso al cibo, all’acqua, all’abitazione, alla sanità di
base, ecc.), che esaltano la loro capacità di trasformazione di prodotti
alimentari in altri beni. Dai diritti naturali dipende quindi la possibilità
di affrancamento dalla povertà. Lo Stato non deve far altro che fornire i
beni essenziali alla vita civile. È la nascita del capitale umano, del ruolo
primario dell’individuo al di là del possesso di capitale fisico;
riconoscimento ribadito dalla Chiesa cattolica con Papa Giovanni Paolo II.
Il destino ha voluto che il prestigioso riconoscimento fosse attribuito a un
altro indiano (per la precisione del Bangladesh), Muhammad Yunus, per aver
«scoperto» che alla lista dei diritti fondamentali dell’uomo ne va aggiunto
un altro: il diritto al credito. Esso rende meno necessario l’intervento
pubblico perché è dal credito che si propagano effetti virtuosi sullo
sviluppo. Questa volta il Nobel è per la pace volendo significare che da un
atto economico, come la concessione del credito, si diffondono conseguenze
miracolose sia sul benessere materiale, sia sulla crescita delle coscienze
individuali e quindi sulla convivenza pacifica. Una tappa fondamentale nella
lunga storia dello sviluppo che fonde la crescita agricola con il capitale
umano. Il merito dell’Accademia è di aver riconosciuto il premio non a un
teorico, ma a un banchiere che ha tradotto in pratica questi insegnamenti,
fondando l’ormai famosa Grameen Bank (banca del villaggio in lingua bangla).
La motivazione del comitato recita: «Ogni singolo individuo sulla terra ha
sia il potenziale sia il diritto di vivere una vita decente. Yunus e la
Grameen Bank hanno dimostrato che persino i più poveri dei poveri possono
lavorare per il loro sviluppo».
La banca fu fondata nel 1976 quando il giovane economista, dopo aver
insegnato in prestigiose Università americane, decise di affrontare con
nuovi mezzi la povertà che attanagliava il suo Paese.
L’idea della prima banca etica al mondo nacque da un primo prestito di 27
dollari, concesso sulla fiducia a un’intrecciatrice di bambù e ad altre 41
donne di Jobra. Da allora la crescita è stata vertiginosa: oggi la banca
serve più di 71.000 villaggi, ha 6,6 milioni di clienti (il 97% sono donne),
un volume di prestiti concessi pari a 5,7 miliardi di dollari e impiega poco
meno di 19.000 persone. Un colosso bancario che basa il suo successo sui
microcrediti concessi alle donne povere. Può sembrare assurdo che una banca
proliferi su una miriade di prestiti elargiti senza garanzie reali e neanche
progettuali. Eppure il sistema funziona alla perfezione, riscatta intere
popolazioni dalla povertà e assicura un elevato rendimento alla banca. Sono,
infatti, il 58% i clienti che sono usciti dalla povertà e il 99% quelli che
ripagano i prestiti: livello questo del tutto sconosciuto a una normale
banca. Quale il segreto di questo strabiliante successo sociale ed
economico? Molto semplice: i prestiti vengono concessi sulla fiducia
assicurata dal gruppo cui appartiene il debitore, diciamo per semplicità il
capo villaggio; se il beneficiario non dovesse restituirlo nessun altro del
gruppo potrà mai più ricevere credito.
La pace di Yunus nasce dalla democratizzazione del credito e da un
formidabile meccanismo di responsabilizzazione, che spinge l’individuo a
utilizzare il prestito per realizzare il suo progetto. Con il surplus
agricolo restituirà il prestito, migliorando allo stesso tempo il proprio
tenore di vita. La preferenza accordata alle donne non è esclusiva, ma da
esse dipendono nella gran parte dei Paesi arretrati le sorti della famiglia.
Dopo tanti successi la Grameen Bank va costruendo nuovi obiettivi e formule
innovative che danno respiro a un microcapitalismo dei poveri. Ha realizzato
una società di telecomunicazioni con 9 milioni di abbonati e ha introdotto
25.000 cellulari tra i poveri. Ha avviato una società di software, una
tessile, diverse agroalimentari e un provider Internet. Tra pochi mesi
entrerà in funzione la Grameen Danone Foods per la produzione di yogurt
addizionato di vitamine a basso prezzo. Il successo di quest’esperienza
suggerisce che essa può essere mutuata anche in altre realtà in difficoltà,
magari anche nel nostro Paese, sempre che vi siano forti legami sociali.
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