riviste mensili agricole, riviste settimanali agricole, riviste agricoltura, riviste online agricoltura, riviste agricole specializzate, riviste specializzate agricoltura

riviste agricole, mondo agricoltura, riviste agricoltori  
riviste agricoltura, testate agricoltura, edizioni agricoltura
 
   
Home Riviste   L'Informatore Agrario   Vita in Campagna   Vivere La Casa in Campagna   Mad   Origine   International Agricultural Policy  

elenco prodotti in vendita
n°prodotti: 0
Totale: E. 0,00
cassa

chi siamo





riviste agricole, rivista per gli amanti della campagna, rivista sull'agricoltura professionale, riviste sull'agricoltura non professionale, edizioni dedicate al mondo agricolo, riviste specializzate in agricoltura, testate e giornali online agricoltura


L'Informatore Agrario

Sommario rivista

Approfondimento

 
37
 29 Set.-5 Ott.

  2006
segnala ad un amico  invia ad un amico    scrivi un commento alla redazione  scrivi alla redazione
non in vendita


Attualità PRIMA PAGINA

Il vino italiano si difende con il rigore

Intervista al ministro Paolo De Castro

Nella riforma della legge 164/92, secondo il ministro delle politiche agricole si dovrà definire l’affidamento del piano dei controlli di vini vqprd a un ente terzo, come già avviene per i prodotti dop e igp

Quest’estate, e più precisamente il 4 agosto, il ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro firmò il famoso decreto con il quale affidava il proseguimento dei controlli dei vini vqprd (doc, docg) ai Consorzi di tutela con la «supervisione» dell’Istituto centrale repressione frodi. Questo tema, molto delicato, che ha negli ultimi anni scatenato numerose polemiche, come è stato ricordato dalla stesso ministro De Castro, è uno dei cardini base sui quali costruire la riforma della legge 164/92, la normativa più importante che regola tutto l’impianto produttivo dei nostri vini a denominazione di origine.
Sul tema e, più in generale, su quali linee guida ci si muoverà per la riforma della 164/92, abbiamo intervistato il ministro De Castro, letteralmente immerso in questi giorni nella difficile definizione della Finanziaria.
«Si è trattato di un decreto molto importante – spiega De Castro – in quanto con esso si è voluto orientare anche il "sistema vino a denominazione" verso il modello già in essere per le dop e igp basato sul sistema del controllo a opera di organismi terzi e sulla vigilanza quale competenza dell’autorità pubblica (scelta auspicata in questi giorni anche da alcune associazioni di consumatori, n.d.r.».
Significa che i Consorzi di tutela stanno «traghettando» il piano controlli nelle mani di un ente terzo?

Esattamente. Nella riforma della 164/92 si dovrà inserire l’articolo che fissa la necessità di affidare a un ente terzo super partes il ruolo di controllore. Per la credibilità del sistema, infatti, non è possibile che il controllato sia anche controllore.
Verrebbe così eliminato per il vino il concetto di autocontrollo?

I Consorzi di tutela avranno sempre un ruolo di vigilanza e quindi dovranno necessariamente collaborare con l’ente terzo scelto. E avranno un ruolo preciso proprio nella scelta di questo ente al quale affidare il piano controlli. In Piemonte, ad esempio, sono state individuate nelle Camere di commercio gli enti ideali. Ma questo sarà definito caso per caso. Ci tengo anche a precisare, per chi teme che vi sia una regionalizzazione dei controlli con disparità tra Regione e Regione, che proprio il ruolo dell’Istituto centrale repressione frodi consentirà una vigilanza nazionale e un controllo dell’uniformità dei sistemi.
Nel quadro della riforma della 164/92, da tempo vi sono due schieramenti: coloro che inneggiano a maggiori flessibilità e liberismo e altri, invece, che richiedono ancora rigore e vincoli stretti nei disciplinari di produzione. Qual è la sua posizione?

Per me è importante mantenere un corretto rigore. Per l’agroalimentare made in Italy il vino è la punta di diamante che porta il peso anche dell’immagine di tutto il nostro sistema delle produzioni tipiche di qualità. Significa che non possiamo permetterci errori. Tutto deve essere fatto all’insegna della massima trasparenza, tracciabilità e, appunto, rigore.
Tra l’altro, va sottolineato come proprio il nostro impianto produttivo, la famosa piramide delle produzioni (dai vini da tavola alle docg) consenta flessibilità su alcune tipologie di prodotto (vini da tavola) e maggiore rigore su altre (doc e docg). Ci rendiamo conto, infatti, che il mercato internazionale e, soprattutto, i nostri competitor si muovono con regole ben diverse rispetto alle nostre. Quindi è evidente che servono anche strumenti per rendere le nostre imprese più competitive ma senza andare a stravolgere le regole. Sono convinto che con gli strumenti attuali possiamo tutelare il nostro made in Italy anche con maggiore flessibilità nei vini da tavola.
In quest’ultimo quadro si inseriscono anche le preoccupazioni riguardanti l’ammissibilità di alcune pratiche enologiche, come la tanto dibattuta autorizzazione ai trucioli. Qual è il suo pensiero al riguardo?

Se mi facesse la domanda secca «trucioli sì o no?», le risponderei subito di no. Penso, però, che si debba fare un ragionamento più complesso. E in un approccio più costruttivo penso che si possa risolvere il problema con una maggiore trasparenza nell’etichettatura per quei vini che dichiarano l’utilizzo della barrique.
Siamo quindi totalmente contrari all’utilizzo dei trucioli per i vini vqprd, mentre per quanto riguarda le altre tipologie pensiamo, assieme a Francia e Spagna, che la dizione in etichetta per i vini che fino a oggi dichiaravano l’utilizzo dell’affinamento in legno sarebbe la soluzione più corretta e rispettosa dei consumatori.
Il Consiglio europeo, comunque, si è pronunciato all’unanimità per l’autorizzazione ai trucioli, come pure l’Oiv.

Consentendo, però, autonomia di scelta per ogni Paese membro. Inoltre, non penso che su questi temi sia stata ancora detta una parola definitiva. Per esempio, ascoltando molti colleghi di altri Paesi dell’Unione Europea, penso che l’Ue in tema di pratiche enologiche potrebbe trovare soluzioni più restrittive. Quello che è certo, anche in questo caso, è che noi dobbiamo tutelare il più possibile l’immagine delle nostre produzioni di qualità. Possiamo, invece, essere più «liberisti» per quei prodotti con i quali dobbiamo essere più competitivi, rispetto a oggi, con i Paesi produttori del Nuovo mondo.
Un’ultima battuta sulla riforma dell’ocm vino. La commissaria Fischer Boel sembra risoluta nel voler modificare pochissimo l’attuale proposta. Quale la posizione italiana?

Non sarei così pessimista. Su alcuni versanti, vedi per esempio lo zuccheraggio, sarà difficile poter chiedere divieti assoluti dal momento che ci troviamo di fronte ai Paesi nordeuropei compatti a chiederne il mantenimento. Su altri aspetti, però, i Paesi mediterranei stanno facendo fronte comune e non penso che la commissaria potrà rimanere sorda alle nostre richieste.
 

Sommario rivista

Fabio Piccoli


la ricerca

trova 


© 2025 Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. - Tutti i diritti riservati