POLITICA |
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Alla Wto servono nuove regole |
Fallito il vertice di
Cancun
La formula delle decisioni
prese all’unanimità è inadeguata per raggiungere intese che non siano di basso
profilo. Il gruppo di Paesi del G21 ha posto questioni pregiudiziali su
globalizzazione e sviluppo su cui l’Organizzazione dovrà dare risposte
Dopo cinque giorni fitti di
negoziati, si è conclusa la Conferenza ministeriale della Wto a Cancun
(Messico). I tempi sono stati rispettati ma il risultato, come noto, è stato un
nulla di fatto.
Va subito sottolineato che
l’agricoltura non è stata determinante per l’insuccesso della «ministeriale».
Sono stati invece i temi di
più ampio respiro della globalizzazione a impedire ulteriori progressi. Temi
che spaziano dalle regole sulla concorrenza, alle norme in materia di appalti
pubblici e di investimenti sino alle facilitazioni al commercio per le piccole
e medie imprese. Temi orizzontali, che non riguardano direttamente il settore
agricolo, ma che costituiscono elementi essenziali per promuovere una ordinata
ed equa liberalizzazione degli scambi finalizzata alla crescita. A ben
pensarci, proprio quelle regole degli scambi che dovrebbero costituire il
principale tema da affrontare in ambito Wto, forse anche prima della semplice
riduzione delle tariffe e dei sostegni.
In ogni caso, i Paesi in via
di sviluppo hanno ritenuto di non poter continuare a discutere su questi temi.
E la ministeriale è terminata.
In materia agricola, come ha
anche dichiarato a caldo il commissario europeo Franz Fischler, se non si fosse
incontrato questo scoglio, un accordo si sarebbe forse potuto trovare. Certo,
viste le difficoltà, si sarebbe trattato di un’intesa di basso profilo, non
ambiziosa. Poi è arrivato l’inatteso stop da parte di quei Paesi, il cosiddetto
«Gruppo dei 21» o G21 (vedi riquadro), che, trovando una sponda anche negli
Usa, ha formulato richieste massimaliste nei confronti dell’Europa, senza
peraltro offrire nulla in cambio.
D’altronde l’Europa si è
trovata sul banco degli imputati a far fronte alla richieste unilaterali del
cosiddetto G21 per aprire i propri mercati e ridurre la spesa agricola.
I problemi maggiori, almeno
per come prendeva la piega il negoziato, riguardavano i sussidi alle
esportazioni e i sostegni a favore degli agricoltori.
In materia di finanziamento
dell’export agricolo l’Europa era preparata a garantire concessioni sul fronte
delle cosiddette restituzioni. A patto però che fossero controbilanciate da
un’analoga riduzione delle altre forme di sostegno all’export, utilizzate dai
Paesi concorrenti come gli Usa.
In materia invece di sostegno
agli agricoltori, Bruxelles si presentava con le carte in regola. La riforma
della pac approvata a giugno ha ridotto il sostegno e, soprattutto, con il
disaccoppiamento ha contenuto drasticamente i sostegni che interferiscono sugli
scambi essendo i pagamenti della pac divenuti completamente indipendenti da ciò
che gli agricoltori europei coltivano o allevano. Ciò costituiva il «credito»
che la Commissione europea intendeva utilizzare a Cancun per raggiungere un accordo equilibrato, magari ottenendo
come contropartita l’istituzione del registro multilaterale delle denominazioni
di origine a tutela dell’agropirateria. Purtroppo non è andata così.
Le richieste del G21
Il G21 ha chiesto con determinazione
all’Europa di ridurre le restituzioni all’export e di ridiscutere proprio le
nuove forme di sostegno disaccoppiate, mostrando quanto fosse poco consistente
il «credito» che Bruxelles poteva vantare. Inoltre l’Ue è rimasta sola a
chiedere l’istituzione del registro multilaterale dei prodotti di qualità. E a
nulla è servita l’intesa con gli Usa stilata prima del vertice di Cancun; che
già non prendeva affatto in considerazione il «registro».
Sin qui la cronaca. Ecco
invece alcune considerazioni su questo sfortunato negoziato.
In primo luogo va segnalato
il consolidamento di un fronte di Paesi (il G21 appunto, veri protagonisti del
vertice di Cancun, in tutti i sensi) che ha posto in maniera determinata alcune
questioni pregiudiziali su globalizzazione e sviluppo in merito alle quali la
Wto dovrà fornire risposte.
In tal senso l’Organizzazione
è forse in sé adeguata, ma le sue regole meno. Alla Wto le decisioni si
assumono con il voto all’unanimità e i Paesi membri – compresi Cambogia e Nepal
che hanno aderito ufficialmente proprio a Cancun – sono ormai 148. Se si pensa
che l’Europa, passando da 15 a 25 membri, ha ritenuto indifferibile il voto a
maggioranza qualificata... D’altronde l’Europa potrebbe avvantaggiarsi di una
simile innovazione, visto che può senz’altro schierare dalla sua parte almeno
tutti i numerosi Paesi dell’area Africa-Carabi-Pacifico, tradizionalmente
legati all’Europa dall’accordo Acp.
I Paesi del G21 sono poi dei
temibili concorrenti. Si tratta di un gruppo che orbita essenzialmente attorno
all’area di libero commercio americana (tra cui anche Messico e Cile, con
volumi considerevoli di scambi agricoli) ma che comprende anche Cina, India,
Sud Africa e Thailandia. Un pool di Paesi quindi tendenzialmente più vicino
agli Usa che all’Europa (non stupisce perciò l’atteggiamento tenuto a
Cancun) e
che rappresenta un volume di merci agricole scambiate notevolissimo e con
rilevanti potenzialità di crescita. Non a caso nell’ultimo decennio le
esportazioni agricole di tali Paesi sono cresciute di oltre il 70%, mentre a
livello mondiale l’incremento si è fermato al 30% e per Usa e Ue è stato ancora
inferiore.
Sono inoltre Paesi che hanno
stipulato con Stati Uniti e Unione Europea accordi bilaterali di libero scambio
finalizzati alla reciproca apertura dei mercati agricoli. Elemento questo che
potrebbe averli indotti a far saltare l’accordo multilaterale. Il quale, per
definizione, determina una riduzione dei margini preferenziali dei Paesi che
godono di concessioni bilaterali.
Strategia europea da rivedere
Occorre poi riflettere sulle
strategie negoziali europee.
Non sapremo mai come sarebbe
andata davvero se il negoziato fosse andato in porto e Cancun si fosse chiuso
con un accordo. Forse l’Europa avrebbe tenuto le posizioni sulla riforma della
pac approvata a giugno, che i commissari Franz Fischler e Pascal Lamy hanno
sempre indicato come la «linea del Piave» della posizione europea sull’accordo
agricolo. Ma la sensazione è che la riforma avrebbe potuto – e potrebbe
effettivamente in futuro – essere insufficiente a soddisfare le richieste degli
altri partner, rendendo necessario un nuovo intervento per limitare
ulteriormente i trasferimenti a favore degli agricoltori europei.
Anche se, onestamente, la
Commissione europea ha sempre affermato che la riforma non è stata approvata
per presentarsi con le carte in regola alla Wto, ma essenzialmente per esigenze
interne, in quel caso gli agricoltori europei pagherebbero comunque due volte.
Per l’errata interpretazione strategica di chi ha voluto approvare la riforma
della pac prima di testarne la reale utilità in ambito Wto. Infine, una
notazione va dedicata agli Usa, alleato storico dell’Unione Europea nelle
trattative multilaterali.
Anche questa volta, almeno
sui temi agricoli, i due protagonisti dell’agroalimentare mondiale hanno
cercato di trovare, poco prima del vertice, un compromesso comune. Ma l’accordo
non ha retto, evidentemente anche per la presenza dei nuovi soggetti come il
G21, che non consentono, come un tempo, che le intese si confezionino prima tra
Washington e Bruxelles e poi al tavolo multilaterale.
Non c’è, in sostanza, più
spazio per intese come quella di Blair House, che risolse, prima di tutto tra
Usa e Cee, la lunga vicenda dell’Uruguay Round.
Un chiaro segnale che
qualcosa stava cambiando era in verità già emerso nel 1999, in occasione del
fallimento della Conferenza di Seattle (Usa). Ma in questi quattro anni,
purtroppo, forse non tutti se ne sono accorti.
G21 una sigla da ricordare |
Nuovo protagonista sulla
scena politica
Il G21 è stato il
protagonista assoluto della Conferenza di Cancun.
Costituito inizialmente da
venti Paesi, cui si è poi aggiunto l’Egitto, è composto da: Argentina, Bolivia,
Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Egitto, El Salvador,
Guatemala, India, Messico, Pakistan, Paraguay, Perù, Filippine, Sud Africa,
Thailandia, Venezuela.
Si tratta quindi di un gruppo
di Paesi prevalentemente dell’area di scambio americana (Nord, Centro e Sud
America), che comprende anche Messico, Cile e Mercosur per citare Paesi con cui
l’Europa ha accordi preferenziali già siglati o in itinere. Ma il G21 comprende
anche India, Thailandia e Cina. Soggetti di tutto rispetto nel panorama del
commercio agricolo mondiale.
Non a caso oggi gli scambi
del G21 superano i 100 miliardi di euro, con un incremento del 70% in valore
nell’ultimo decennio; dato quest’ultimo che lascia trasparire un enorme
potenziale di crescita. Almeno rispetto all’export agricolo di Usa e Ue.
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