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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
36
 19 - 25 Set.

  2003
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POLITICA
Alla Wto servono nuove regole

Fallito il vertice di Cancun

La formula delle decisioni prese all’unanimità è inadeguata per raggiungere intese che non siano di basso profilo. Il gruppo di Paesi del G21 ha posto questioni pregiudiziali su globalizzazione e sviluppo su cui l’Organizzazione dovrà dare risposte

Dopo cinque giorni fitti di negoziati, si è conclusa la Conferenza ministeriale della Wto a Cancun (Messico). I tempi sono stati rispettati ma il risultato, come noto, è stato un nulla di fatto.
Va subito sottolineato che l’agricoltura non è stata determinante per l’insuccesso della «ministeriale». 
Sono stati invece i temi di più ampio respiro della globalizzazione a impedire ulteriori progressi. Temi che spaziano dalle regole sulla concorrenza, alle norme in materia di appalti pubblici e di investimenti sino alle facilitazioni al commercio per le piccole e medie imprese. Temi orizzontali, che non riguardano direttamente il settore agricolo, ma che costituiscono elementi essenziali per promuovere una ordinata ed equa liberalizzazione degli scambi finalizzata alla crescita. A ben pensarci, proprio quelle regole degli scambi che dovrebbero costituire il principale tema da affrontare in ambito Wto, forse anche prima della semplice riduzione delle tariffe e dei sostegni.
In ogni caso, i Paesi in via di sviluppo hanno ritenuto di non poter continuare a discutere su questi temi. E la ministeriale è terminata.
In materia agricola, come ha anche dichiarato a caldo il commissario europeo Franz Fischler, se non si fosse incontrato questo scoglio, un accordo si sarebbe forse potuto trovare. Certo, viste le difficoltà, si sarebbe trattato di un’intesa di basso profilo, non ambiziosa. Poi è arrivato l’inatteso stop da parte di quei Paesi, il cosiddetto «Gruppo dei 21» o G21 (vedi riquadro), che, trovando una sponda anche negli Usa, ha formulato richieste massimaliste nei confronti dell’Europa, senza peraltro offrire nulla in cambio.
D’altronde l’Europa si è trovata sul banco degli imputati a far fronte alla richieste unilaterali del cosiddetto G21 per aprire i propri mercati e ridurre la spesa agricola.
I problemi maggiori, almeno per come prendeva la piega il negoziato, riguardavano i sussidi alle esportazioni e i sostegni a favore degli agricoltori.
In materia di finanziamento dell’export agricolo l’Europa era preparata a garantire concessioni sul fronte delle cosiddette restituzioni. A patto però che fossero controbilanciate da un’analoga riduzione delle altre forme di sostegno all’export, utilizzate dai Paesi concorrenti come gli Usa.
In materia invece di sostegno agli agricoltori, Bruxelles si presentava con le carte in regola. La riforma della pac approvata a giugno ha ridotto il sostegno e, soprattutto, con il disaccoppiamento ha contenuto drasticamente i sostegni che interferiscono sugli scambi essendo i pagamenti della pac divenuti completamente indipendenti da ciò che gli agricoltori europei coltivano o allevano. Ciò costituiva il «credito» che la Commissione europea intendeva utilizzare  a Cancun per raggiungere un accordo equilibrato, magari ottenendo come contropartita l’istituzione del registro multilaterale delle denominazioni di origine a tutela dell’agropirateria. Purtroppo non è andata così. 
Le richieste del G21
Il G21 ha chiesto con determinazione all’Europa di ridurre le restituzioni all’export e di ridiscutere proprio le nuove forme di sostegno disaccoppiate, mostrando quanto fosse poco consistente il «credito» che Bruxelles poteva vantare. Inoltre l’Ue è rimasta sola a chiedere l’istituzione del registro multilaterale dei prodotti di qualità. E a nulla è servita l’intesa con gli Usa stilata prima del vertice di Cancun; che già non prendeva affatto in considerazione il «registro». 
Sin qui la cronaca. Ecco invece alcune considerazioni su questo sfortunato negoziato.
In primo luogo va segnalato il consolidamento di un fronte di Paesi (il G21 appunto, veri protagonisti del vertice di Cancun, in tutti i sensi) che ha posto in maniera determinata alcune questioni pregiudiziali su globalizzazione e sviluppo in merito alle quali la Wto dovrà fornire risposte.
In tal senso l’Organizzazione è forse in sé adeguata, ma le sue regole meno. Alla Wto le decisioni si assumono con il voto all’unanimità e i Paesi membri – compresi Cambogia e Nepal che hanno aderito ufficialmente proprio a Cancun – sono ormai 148. Se si pensa che l’Europa, passando da 15 a 25 membri, ha ritenuto indifferibile il voto a maggioranza qualificata... D’altronde l’Europa potrebbe avvantaggiarsi di una simile innovazione, visto che può senz’altro schierare dalla sua parte almeno tutti i numerosi Paesi dell’area Africa-Carabi-Pacifico, tradizionalmente legati all’Europa dall’accordo Acp. 
I Paesi del G21 sono poi dei temibili concorrenti. Si tratta di un gruppo che orbita essenzialmente attorno all’area di libero commercio americana (tra cui anche Messico e Cile, con volumi considerevoli di scambi agricoli) ma che comprende anche Cina, India, Sud Africa e Thailandia. Un pool di Paesi quindi tendenzialmente più vicino agli Usa che all’Europa (non stupisce perciò l’atteggiamento tenuto a Cancun) e che rappresenta un volume di merci agricole scambiate notevolissimo e con rilevanti potenzialità di crescita. Non a caso nell’ultimo decennio le esportazioni agricole di tali Paesi sono cresciute di oltre il 70%, mentre a livello mondiale l’incremento si è fermato al 30% e per Usa e Ue è stato ancora inferiore.
Sono inoltre Paesi che hanno stipulato con Stati Uniti e Unione Europea accordi bilaterali di libero scambio finalizzati alla reciproca apertura dei mercati agricoli. Elemento questo che potrebbe averli indotti a far saltare l’accordo multilaterale. Il quale, per definizione, determina una riduzione dei margini preferenziali dei Paesi che godono di concessioni bilaterali. 
Strategia europea da rivedere
Occorre poi riflettere sulle strategie negoziali europee.
Non sapremo mai come sarebbe andata davvero se il negoziato fosse andato in porto e Cancun si fosse chiuso con un accordo. Forse l’Europa avrebbe tenuto le posizioni sulla riforma della pac approvata a giugno, che i commissari Franz Fischler e Pascal Lamy hanno sempre indicato come la «linea del Piave» della posizione europea sull’accordo agricolo. Ma la sensazione è che la riforma avrebbe potuto – e potrebbe effettivamente in futuro – essere insufficiente a soddisfare le richieste degli altri partner, rendendo necessario un nuovo intervento per limitare ulteriormente i trasferimenti a favore degli agricoltori europei.
Anche se, onestamente, la Commissione europea ha sempre affermato che la riforma non è stata approvata per presentarsi con le carte in regola alla Wto, ma essenzialmente per esigenze interne, in quel caso gli agricoltori europei pagherebbero comunque due volte. Per l’errata interpretazione strategica di chi ha voluto approvare la riforma della pac prima di testarne la reale utilità in ambito Wto. Infine, una notazione va dedicata agli Usa, alleato storico dell’Unione Europea nelle trattative multilaterali. 
Anche questa volta, almeno sui temi agricoli, i due protagonisti dell’agroalimentare mondiale hanno cercato di trovare, poco prima del vertice, un compromesso comune. Ma l’accordo non ha retto, evidentemente anche per la presenza dei nuovi soggetti come il G21, che non consentono, come un tempo, che le intese si confezionino prima tra Washington e Bruxelles e poi al tavolo multilaterale.
Non c’è, in sostanza, più spazio per intese come quella di Blair House, che risolse, prima di tutto tra Usa e Cee, la lunga vicenda dell’Uruguay Round.
Un chiaro segnale che qualcosa stava cambiando era in verità già emerso nel 1999, in occasione del fallimento della Conferenza di Seattle (Usa). Ma in questi quattro anni, purtroppo, forse non tutti se ne sono accorti.

G21 una sigla da ricordare

Nuovo protagonista sulla scena politica

Il G21 è stato il protagonista assoluto della Conferenza di Cancun.
Costituito inizialmente da venti Paesi, cui si è poi aggiunto l’Egitto, è composto da: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Egitto, El Salvador, Guatemala, India, Messico, Pakistan, Paraguay, Perù, Filippine, Sud Africa, Thailandia, Venezuela.
Si tratta quindi di un gruppo di Paesi prevalentemente dell’area di scambio americana (Nord, Centro e Sud America), che comprende anche Messico, Cile e Mercosur per citare Paesi con cui l’Europa ha accordi preferenziali già siglati o in itinere. Ma il G21 comprende anche India, Thailandia e Cina. Soggetti di tutto rispetto nel panorama del commercio agricolo mondiale.
Non a caso oggi gli scambi del G21 superano i 100 miliardi di euro, con un incremento del 70% in valore nell’ultimo decennio; dato quest’ultimo che lascia trasparire un enorme potenziale di crescita. Almeno rispetto all’export agricolo di Usa e Ue.



Sommario rivista Vincenzo Lenucci
E-mail: v.lenucci@informatoreagrario.it


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