UNIONE EUROPEA |
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Tempi duri per la pac |
Sempre più incerto il futuro della politica agricola
comunitaria
La politica europea nel settore agricolo, così come
l’abbiamo conosciuta negli ultimi 40 anni, sembra destinata a un sempre
maggiore ridimensionamento, sotto la spinta anche di alcuni Governi europei
Gli attacchi alla politica agricola europea e alle
risorse che sono messe a disposizione dai Governi a favore del settore
primario non cessano, anzi si infittiscono.
Da qualche tempo anche i grandi quotidiani nazionali, come il Corriere
della Sera, si stanno impegnando in questo senso.
L’articolo di fondo apparso lo scorso 30 luglio (leggi
qui) è un attacco senza sconti alla pac, anche se con qualche
eccessiva semplificazione e qualche disinvolta forzatura, in particolare
quando si dipinge la politica agricola come qualche cosa che va a vantaggio
solo di «pochi agricoltori privilegiati».
A prendere di mira la pac non sono solo gli opinion leader
indipendenti, ma pure autorevoli esponenti politici e leader governativi, in
particolare dei Paesi nordeuropei. L’avversione contro la pac è così diffusa
che la legislazione comunitaria è infarcita di dichiarazioni con le quali si
impegna la Commissione a effettuare delle verifiche e degli esami intermedi,
in vista della messa in atto di cambiamenti anche piuttosto radicali e tali
da poter determinare la fine dell’esperienza della politica agricola europea
che procede da circa 45 anni.

Le possibili svolte
Ma quali sono i prossimi cruciali appuntamenti che potrebbero cambiare il
corso dell’agricoltura europea e costringere le imprese a fare affidamento
esclusivamente sulle loro forze e sul mercato? Di seguito ne facciamo una
incompleta carrellata, ordinando gli argomenti per ordine di importanza e di
criticità in termini di minaccia alla tenuta della pac.
Bilancio. L’operazione più pericolosa, quasi come un possibile
terremoto, è attesa tra il 2008 e il 2009, quando a livello di vertici di
Unione Europea si dovrà ridiscutere la struttura stessa del bilancio. Alla
fine dell’attuale periodo di programmazione la pac inciderà in ragione del
33%, ma molti capi di Stato e di Governo chiedono di ridurre
considerevolmente tale cifra e mettere in atto i dettami della «strategia di
Lisbona» che concede più spazio alla ricerca, all’innovazione, alle
infrastrutture.
Il rischio per l’agricoltura è duplice: una riduzione assoluta e relativa
del bilancio agricolo e uno spostamento delle residue risorse dalla politica
dei prezzi e dei mercati, verso la politica di sviluppo rurale.
Modulazione. Un secondo pericolo che sta prendendo corpo da
qualche mese a questa parte, da quando il commissario in carica, Mariann
Fischer Boel, lo ha additato come possibile soluzione da adottare, è
l’aumento della percentuale di modulazione obbligatoria al di sopra del
tasso attuale fissato al 5% a regime.
L’argomento è minaccioso perché di sicuro i sostenitori di tale proposta non
stanno pensando di aumentare il prelievo di 1-2 punti percentuali, ma molto
di più. Sarebbe un duro colpo al regime dei pagamenti diretti: una mossa che
precede la progressiva eliminazione a termine di questo strumento di
politica agraria.
Cofinanziamento nazionale. Una terza possibile opzione di
modifica della pac nel medio termine è l’introduzione del co-finanziamento
nazionale anche sul primo pilastro, così come da anni si fa sullo sviluppo
rurale.
Sembra a prima vista un’operazione da poco: una semplice sostituzione di
risorse comunitarie con fondi stanziati dagli Stati nazionali. Non è così.
Sarebbe un altro duro colpo alla politica comune europea in campo agricolo.
Plafonamento. Da ultimo, abbiamo lasciato un argomento assai
dibattuto negli ultimi mesi, in campo europeo e nazionale: l’introduzione di
tetti massimi e minimi in termini di pagamenti diretti annualmente erogati a
favore di una singola azienda.
Di plafonamento e limitazione degli aiuti erogati alle grandi aziende ha
parlato più volte la Fischer Boel dalla scorsa primavera. A questo punto è
plausibile che, nel 2007 o al massimo nel 2008, spunti la proposta
ufficiale, magari rispolverando la vecchia ipotesi formulata nel 2002 di
stabilire una soglia di 300.000 euro per azienda e per anno.
Quanto ai tetti minimi, l’ipotesi formulata prende in considerazione gli
oneri amministrativi e gestionali necessari per istruire una pratica di
pagamenti diretti con l’obiettivo di porre uno sbarramento alle domande che
comporterebbero l’erogazione di un aiuto inferiore al costo burocratico.
Quanto riferito finora sono al momento ipotesi di modifiche della pac, anche
se formulate a elevati livelli di responsabilità politica. Altre minacce
ormai sono già concrete, pur se non ancora del tutto avvertite e ben
conosciute dagli operatori del settore. Il riferimento è alla disciplina
finanziaria e alla modulazione volontaria: la prima prevista durante la
riforma del 2003, la seconda in via di introduzione con un regolamento
presentato dalla Commissione e non ancora approvato.
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