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L'Informatore Agrario

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Approfondimento

   
32
 25-31 Ago.

  2006
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Attualità UNIONE EUROPEA

Tempi duri per la pac

Sempre più incerto il futuro della politica agricola comunitaria

La politica europea nel settore agricolo, così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 40 anni, sembra destinata a un sempre maggiore ridimensionamento, sotto la spinta anche di alcuni Governi europei

Gli attacchi alla politica agricola europea e alle risorse che sono messe a disposizione dai Governi a favore del settore primario non cessano, anzi si infittiscono.
Da qualche tempo anche i grandi quotidiani nazionali, come il Corriere della Sera, si stanno impegnando in questo senso.
L’articolo di fondo apparso lo scorso 30 luglio (leggi qui) è un attacco senza sconti alla pac, anche se con qualche eccessiva semplificazione e qualche disinvolta forzatura, in particolare quando si dipinge la politica agricola come qualche cosa che va a vantaggio solo di «pochi agricoltori privilegiati».
A prendere di mira la pac non sono solo gli opinion leader indipendenti, ma pure autorevoli esponenti politici e leader governativi, in particolare dei Paesi nordeuropei. L’avversione contro la pac è così diffusa che la legislazione comunitaria è infarcita di dichiarazioni con le quali si impegna la Commissione a effettuare delle verifiche e degli esami intermedi, in vista della messa in atto di cambiamenti anche piuttosto radicali e tali da poter determinare la fine dell’esperienza della politica agricola europea che procede da circa 45 anni.
Le possibili svolte
Ma quali sono i prossimi cruciali appuntamenti che potrebbero cambiare il corso dell’agricoltura europea e costringere le imprese a fare affidamento esclusivamente sulle loro forze e sul mercato? Di seguito ne facciamo una incompleta carrellata, ordinando gli argomenti per ordine di importanza e di criticità in termini di minaccia alla tenuta della pac.
Bilancio. L’operazione più pericolosa, quasi come un possibile terremoto, è attesa tra il 2008 e il 2009, quando a livello di vertici di Unione Europea si dovrà ridiscutere la struttura stessa del bilancio. Alla fine dell’attuale periodo di programmazione la pac inciderà in ragione del 33%, ma molti capi di Stato e di Governo chiedono di ridurre considerevolmente tale cifra e mettere in atto i dettami della «strategia di Lisbona» che concede più spazio alla ricerca, all’innovazione, alle infrastrutture.
Il rischio per l’agricoltura è duplice: una riduzione assoluta e relativa del bilancio agricolo e uno spostamento delle residue risorse dalla politica dei prezzi e dei mercati, verso la politica di sviluppo rurale.
Modulazione. Un secondo pericolo che sta prendendo corpo da qualche mese a questa parte, da quando il commissario in carica, Mariann Fischer Boel, lo ha additato come possibile soluzione da adottare, è l’aumento della percentuale di modulazione obbligatoria al di sopra del tasso attuale fissato al 5% a regime.
L’argomento è minaccioso perché di sicuro i sostenitori di tale proposta non stanno pensando di aumentare il prelievo di 1-2 punti percentuali, ma molto di più. Sarebbe un duro colpo al regime dei pagamenti diretti: una mossa che precede la progressiva eliminazione a termine di questo strumento di politica agraria.
Cofinanziamento nazionale. Una terza possibile opzione di modifica della pac nel medio termine è l’introduzione del co-finanziamento nazionale anche sul primo pilastro, così come da anni si fa sullo sviluppo rurale.
Sembra a prima vista un’operazione da poco: una semplice sostituzione di risorse comunitarie con fondi stanziati dagli Stati nazionali. Non è così. Sarebbe un altro duro colpo alla politica comune europea in campo agricolo.
Plafonamento. Da ultimo, abbiamo lasciato un argomento assai dibattuto negli ultimi mesi, in campo europeo e nazionale: l’introduzione di tetti massimi e minimi in termini di pagamenti diretti annualmente erogati a favore di una singola azienda.
Di plafonamento e limitazione degli aiuti erogati alle grandi aziende ha parlato più volte la Fischer Boel dalla scorsa primavera. A questo punto è plausibile che, nel 2007 o al massimo nel 2008, spunti la proposta ufficiale, magari rispolverando la vecchia ipotesi formulata nel 2002 di stabilire una soglia di 300.000 euro per azienda e per anno.
Quanto ai tetti minimi, l’ipotesi formulata prende in considerazione gli oneri amministrativi e gestionali necessari per istruire una pratica di pagamenti diretti con l’obiettivo di porre uno sbarramento alle domande che comporterebbero l’erogazione di un aiuto inferiore al costo burocratico.
Quanto riferito finora sono al momento ipotesi di modifiche della pac, anche se formulate a elevati livelli di responsabilità politica. Altre minacce ormai sono già concrete, pur se non ancora del tutto avvertite e ben conosciute dagli operatori del settore. Il riferimento è alla disciplina finanziaria e alla modulazione volontaria: la prima prevista durante la riforma del 2003, la seconda in via di introduzione con un regolamento presentato dalla Commissione e non ancora approvato.

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