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Biocarburanti: una strada in salita per
l'agricoltura italiana |
Ancora tante le incertezze
Il biodiesel è sicuramente un’opportunità importante, ma il rischio è
che la materia prima italiana resti esclusa dal gioco
Nelle fasi finali della Legislatura appena conclusa il
Parlamento è intervenuto in due importanti occasioni per legiferare sulle
agroenergie inserendo alcune norme nella legge finanziaria 2006 e nella
conversione in legge del decreto legge n. 2 del 10-1-2006.
I contenuti, che sono stati commentati e descritti anche nelle pagine de
L’Informatore Agrario, n. 11/2006, hanno introdotto novità e scelte che
hanno indubbiamente una notevole importanza per lo sviluppo del settore e
rappresentano la volontà di promuovere nel nostro Paese le fonti energetiche
rinnovabili di origine agricola e forestale.
Ciò malgrado, nell’applicazione pratica permangono difficoltà che non sono
da imputarsi ad aspetti tecnici o politici ma che danno conto della
complessità del tema e degli interessi coinvolti.
Una forte e forse eccessiva esposizione mediatica ha creato grandi
aspettative verso i biocarburanti, soprattutto nei confronti degli
agricoltori che sono sempre di più alla ricerca di nuove opportunità per
incrementare un reddito incerto e magro. La risposta corretta è di ancorarsi
a fatti concreti senza alimentare facili illusioni.
Il nodo della questione resta in buona sostanza quello della convenienza
economica, in primo luogo per gli agricoltori. Condizione che non può essere
ovviamente determinata per «decreto», ma che è l’effetto di un insieme di
elementi di mercato, di organizzazione della filiera, di tecniche
produttive, di scelte imprenditoriali e di contrattazione.
I recenti provvedimenti legislativi mettono a disposizione utili strumenti e
opportunità quali: intese di filiera, contratti quadro, contratti di
programma agroenergetici, preferenze nei bandi pubblici e nei contratti di
fornitura dei biocarburanti per il trasporto e il riscaldamento pubblici.
Particolare evidenza va data alla disposizione che dall’1-7-2006 obbliga i
produttori di carburanti diesel e di benzina a immettere al consumo
biocarburanti di origine agricola, prodotti sulla base di contratti e intese
tra i soggetti della filiera, in misura pari all’1% dei carburanti diesel e
della benzina immessi sul mercato nell’anno precedente.
Bene, anzi benissimo, ma dall’1-7-2006 non accadrà nulla o molto poco.
Servirà ancora del tempo affinché il settore possa decollare e colmare
ritardi rispetto ad altri Paesi nord europei.

Il ruolo degli agricoltori
Il tentativo di siglare un accordo tra organizzazioni agricole, produttori
di biodiesel e industria olearia sul prezzo del girasole energetico non è
andato in porto e le semine primaverili di questa oleaginosa sembra non
abbiano subito incrementi significativi. Evidentemente il prezzo offerto per
i semi di girasole (180 euro/t) non è risultato conveniente per gli
agricoltori.
Gli 8-9 produttori nazionali di biodiesel (due dei quali da soli raggiungono
due terzi della produzione totale) dichiarano che i loro stabilimenti hanno
una potenzialità produttiva pari a oltre il triplo delle attuali, ma trovano
più conveniente approvvigionarsi dell’olio vegetale sul mercato
internazionale.
Niente da obiettare: in un’economia di mercato questi imprenditori sono nel
pieno e legittimo diritto di intraprendere, ma con l’olio importato anche
dai Paesi asiatici producono e poi immettono sul mercato circa 200.000 t di
biodiesel defiscalizzato con risorse nazionali.
Si potrebbe poi obiettare sul grado di rinnovabilità o sostenibilità di una
fonte energetica che, in taluni casi, ha attraversato oceani, utilizzando
per il suo trasporto grandi quantità di energia fossile.
La successiva verifica sarà per il prossimo autunno-inverno in occasione
delle semine del colza, altra oleaginosa impiegata nella produzione del
biodiesel. Anche in questo caso il fattore che determinerà o meno l’aumento
delle superfici di questa coltura destinata a scopo energetico sarà il
prezzo che i produttori di biodiesel vorranno proporre agli agricoltori.
Cosa rischiano i produttori di carburante in caso di mancato rispetto
dell’obbligo di immettere sul mercato la percentuale di biocarburanti
derivanti dagli accordi di filiera? Probabilmente nulla, se la causa sarà la
mancata sottoscrizione dei contratti di coltivazione da parte degli
agricoltori. Dal punto di vista politico però potrebbe essere avanzata la
richiesta di un’ulteriore riduzione del contingente defiscalizzato.
Se i produttori di biodiesel continueranno a proporre agli agricoltori
prezzi per le oleaginose energetiche non convenienti, potrebbero però avere,
nel medio periodo, qualche sorpresa. Non è infatti da escludere che la
cooperazione agricola si attivi su richiesta degli stessi imprenditori
agricoli e, così come ha saputo realizzare cantine sociali, caseifici,
oleifici, ecc, non sappia realizzare anche impianti per la produzione di
biodiesel da destinare a flotte di veicoli pubblici (bus, traghetti, ecc.),
come già è accaduto in Austria.
Va segnalata inoltre una crescente manifestazione di interesse da parte
degli agricoltori per una filiera corta nel settore dei biocarburanti.
L’impiego di olio vegetale puro ottenuto dalla sola spremitura dei semi di
oleaginose in motori diesel statici per la cogenerazione di energia
elettrica e termica sta trovando un certo interesse anche nel nostro Paese.
In questo caso circa due terzi del prodotto ottenuto dalla spremitura
andrebbe all’alimentazione degli animali (panello proteico per bovini,
suini, equini, ecc.) e un terzo (olio) sarebbe destinato allo scopo
energetico. La possibilità di ottenere i certificati verdi per la produzione
di energia elettrica sommata alla vendita dell’energia termica consente di
ottenere interessanti risultati economici. Peraltro per gli imprenditori
agricoli questa viene considerata attività agricola connessa ricompresa nel
reddito agrario sempreché la materia prima sia prodotta prevalentemente in
azienda.
Si potrà quindi prospettare agli agricoltori una duplice possibilità:
- produrre la materia prima per ricavarne biocarburanti in un’ottica di
intese e contrattazioni di filiera con il sistema industriale;
- produrre e vendere energia ottenuta dai biocarburanti autoprodotti dagli
stessi agricoltori.
Le due opzioni non sono tra loro in antitesi, anzi potrebbero rappresentare
un’opportunità. Saranno il mercato e le scelte imprenditoriali a
determinarlo, ma soprattutto l’aumento del prezzo del petrolio.
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