POLITICA |
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La bieticoltura italiana è più magra ma viva:
intervista al neopresidente di Anb. |
Camillo Brena, da poco al vertice di Anb, dopo la drastica revisione
del settore invita a voltare pagina per affrontare al meglio il futuro e
trovare risposte adeguate alla nuova situazione.
Da
metà aprile l’Anb, la maggiore organizzazione italiana del settore bieticolo,
ha rinnovato il proprio vertice: il nuovo presidente è Camillo Brena, 47
anni, veronese, che prende il posto di Carlo Alberto Roncarati, mentre il
vicepresidente è Mario Guidi, 45 anni, di Ferrara. È superfluo ricordare
quali e quanti problemi abbia dovuto affrontare negli ultimi anni la
bieticoltura italiana, ma c’è anche da dire che purtroppo il futuro appare
ancora pieno di incertezze. Per questo motivo abbiamo rivolto alcune domande
al nuovo presidente di Anb per cercare di capire quali prospettive abbia il
settore.
Presidente Brena, lei assume la guida dell’Anb in un momento certamente non
facile per la bieticoltura italiana, dimezzata dalla riforma dell’ocm. Cosa
si sente di dire a chi ancora coltiva bietola e vorrebbe continuare a farlo?
Occorre guardare avanti con moderata fiducia. Anb ha sempre contestato la
riforma dell’ocm zucchero che avrebbe dovuto prevedere misure incisive sul
controllo della superproduzione europea, che viceversa permane tuttora e che
ha costretto la Commissione europea a proporre una revisione delle regole
dopo appena due anni di vita.
Oggi però dobbiamo voltare pagina e attrezzarci. La riduzione delle garanzie
economiche imposta dalla riforma sta selezionando le aziende in base
all’imprenditorialità; a queste imprese dico che, proseguendo sulla strada
dei progressi di competitività, si acquisiranno adeguate soddisfazioni
economiche anche per i prossimi anni, in attesa di conoscere le decisioni
che scaturiranno dopo il 2010 sulla scorta della verifica sui risultati del
periodo transitorio della riforma.
Si fa un gran parlare in questi tempi di colture energetiche: ritiene che
esistano in Italia le condizioni economiche per coinvolgere la bietola su
questo fronte?
La destinazione energetica della bietola sembra essere a esclusivo
appannaggio delle aree produttive più performanti, come quella francese e
quella tedesca, dove stanno partendo progetti di filiere ad hoc e di
impianti attrezzati. In Francia i contratti di fornitura prevedono un prezzo
di 23 euro/t che è impraticabile per i nostri comprensori.
Poche settimane fa L’Informatore Agrario ha titolato «L’ocm zucchero è un
cantiere ancora aperto». Pensa ci siano margini per evitare altre picconate
al settore in Italia?
I margini sono oggettivamente risicati: la commissaria Mariann Fischer Boel
vuole «sciabolare» 4 milioni di tonnellate di produzione europea, dando
anche ai bieticoltori, fino a oggi esclusi, il potere di iniziativa per
l’abbandono dell’attività, prospettando in cambio lauti aiuti. I meccanismi
studiati sono veramente allettanti e, nel loro cinismo, estremamente
efficaci; i danni che potrebbero arrecare al sistema produttivo nazionale
fanno passare in secondo piano le compensazioni ottenute dallo staff del
ministro Paolo De Castro all’atto della formulazione delle proposte della
Commissione Ue.
Se in Italia ci troveremo tutti fortemente coesi (associazioni bieticole e
organizzazioni professionali agricole, d’intesa con le imprese saccarifere,
sotto l’azione di concertazione e di coordinamento del Mipaaf) nel difendere
i confini programmati della filiera (il 50% del contingente nazionale e le 6
fabbriche), sarà comunque più facile per De Castro ottenere dal Consiglio
dei ministri agricoli deroghe per l’Italia, che ha già contribuito
sensibilmente al riequilibrio del mercato europeo nei due primi, drammatici
anni della riforma zucchero. Il successo della nostra azione sarà
proporzionato alla compattezza con la quale ci muoveremo.
Nell’ultimo anno il settore bieticolo italiano si è contraddistinto, a
livello associativo, per un elevato grado di conflittualità, sfociato in una
polemica dai toni anche molto duri tra Anb e Coldiretti. Premesso che per
andare d’accordo bisogna essere in due, quale sarà la sua linea come
presidente della maggiore associazione di settore?
La polemica è stata anomala perché le dimensioni e il campo di attività
collocano Coldiretti e Anb su piani molto sfalsati. I soci dell’una e
dell’altra organizzazione, infatti, non ne hanno compreso appieno i motivi.
Alcune iniziative ostili, finalizzate a favorire la diaspora di soci di area
Coldiretti da Anb, non hanno però sortito effetti dirompenti nei comprensori
dove l’Anb è storicamente radicata e apprezzata.
Ciò significa che Anb rappresenta ancora tali produttori e ciò
responsabilizza i dirigenti della Associazione, me per primo,
nell’interpretare le esigenze di questa parte importante della nostra base
sociale. Atteggiamento che, sul fronte del dialogo, comporta la massima
disponibilità e apertura. Sono convinto che l’interesse della categoria
imponga questo dialogo.
Nel contesto della nuova pac le associazioni di categoria devono
necessariamente rivedere il proprio ruolo: non più semplice rappresentanza
«sindacale», ma vera e propria organizzazione di produttori. Come agirà Anb
per recitare questa nuova parte?
La riforma dell’associazionismo ha portato molti più problemi di quanti non
intendesse risolverne per ciò che riguarda il comparto bietole. La
componente agricola è già da lungo tempo organizzata ed è in grado di
governare la produzione. Insomma, non si è tenuto conto della specificità
del comparto. Anche in questo frangente, come per l’ocm, occorre fare di
necessità virtù e dare una risposta adeguata alla nuova situazione. Non mi
sembra che vi siano alternative alle op (con maggiori costi per i
produttori), la cui nascita dovrà essere accompagnata affidando ad Anb un
ruolo di promozione, riferimento e coordinamento.
Anb dovrà interessarsi materialmente sul territorio anche alla promozione di
tutte quelle attività legate alla riconversione della bietola (produzioni
energetiche). Si deve partire rapidamente e sul piano concreto; la modifica
dello statuto, molto pragmaticamente, dovrà seguire e non precedere il
processo.
Anb ha raggiunto i 90 anni di vita e trovo doveroso impegnarsi per salvare
questa realtà storica del movimento associativo agricolo nazionale.
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