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Polemiche a tutto campo sul Ceta

Le proteste contro il Ceta, in vista del voto che sul Trattato UE-Canada dovrà dare il Parlamento, hanno avuto come principali obiettivi l’abolizione dei dazi alle importazioni di molti prodotti e il temuto abbassamento dei livelli di sicurezza alimentare. L’altro argomento forte delle proteste è quello della mancata tutela delle dop e igp europee e italiane, solo 41 su 291. Carlo Petrini è arrivato ad affermare che il Ceta «servirà solo a far circolare in Italia prodotti canadesi con nomi simili alle nostre indicazioni geografiche». Da non credere.
A queste e ad altre affermazioni ha risposto, dalle colonne del Corriere della Sera, il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. «Dop e igp – afferma il ministro – sono un sistema di marchi non riconosciuto in moltissimi Paesi del mondo a partire dagli USA e, prima dell’accordo, dal Canada. Il nostro Prosciutto di Parma, tanto per fare un esempio, prima della conclusione del trattato doveva essere commercializzato in Canada come «Original Prosciutto». Con il negoziato abbiamo ottenuto il riconoscimento di 143 indicazioni geografiche europee, di cui 41 italiane tra le più importanti in termini di export (oltre il 90%; ndr). Quanto raggiunto è un enorme passo avanti rispetto al passato e apre la strada a ulteriori progressi negli accordi in negoziazione. Pensare che si sarebbe potuto ottenere un riconoscimento integrale e illimitato è sbagliato. L’essenza di un negoziato sta nel raggiungimento di un compromesso».
Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, Calenda  rileva che l’insinuazione che il Ceta comporterà una diminuzione degli standard fitosanitari, con un conseguente rischio di facilitare le importazioni in Europa di ogm o alimenti trattati con prodotti chimici non autorizzati nell’UE, è una totale falsità: «Il principio precauzionale che regola l’attività UE in materia di standard fitosanitari non è in alcun modo toccato dall’accordo».
Calenda conclude affermando che «una cosa è aumentare la trasparenza verso i consumatori e qualificare il prodotto italiano, altra cosa è illudersi che autarchia e protezionismo possano portare sviluppo e benessere».
 

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