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Il Prosecco in TV, lo scandalo che non c’è

Report e Gian Antonio Stella ci sono ricascati: quando parlano e scrivono di agricoltura ne azzeccano davvero poche. Questa volta il loro obiettivo è stato il Prosecco, con gli agricoltori accusati di avvelenare gli abitanti delle zone dove viene coltivato e il Ministero di aver fraudolentemente rubato il nome al paese triestino di Prosecco.
La tecnica di Report, in questi casi, è sempre la stessa: 95% del tempo dedicata alle accuse e 5% alla difesa, peraltro spesso maldestra.
Tralasciando la questione agrofarmaci, per la quale rimandiamo all'articolo di Corrado Giacomini pubblicato su L'Informatore Agrario n. 43/2016, vale la pena soffermarsi sulla polemica riguardante il nome. Secondo Milena Gabanelli la cosa è andata in questi termini: «Qui entra in azione il grande genio di Zaia, che stabilisce per decreto che Glera è sinonimo di Prosecco, Prosecco non è più il nome di una vite, ma di un posto» e così nessuno nell’UE potrà chiamare il suo vino Prosecco. 
Francamente è difficile capire il tono accusatorio di queste affermazioni. Ma come, non passa giorno che non si gridi allo scandalo (giustamente) per il «furto» di tante denominazioni italiane di successo, e per una volta che si trova il modo, legale e giustificato, di proteggere uno dei prodotti di maggior successo del nostro agroalimentare, si attacca a testa bassa?
Anche perché l’equivalenza sostanziale di Prosecco e Glera, biotipi diversi della stessa uva, era nota ben prima del 2009, quando l’allora ministro mise nero su bianco la cosa, salvando il vino Prosecco da certe e dannosissime imitazioni.
Con buona pace di Milena Gabanelli e Gian Antonio Stella.


Se vuoi approfondire l'argomento, leggi gli articoli pubblicati su L'Informatore Agrario n. 43/2016:
l'opinione di Corrado Giacomini;
• Report, Stella e il Prosecco







 

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