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Emile Frison, agroecologia versus intensificazione sostenibile

Emile Frison fa una differenza tra sistemi agricoli "industriali" e "agroecologici", dicendo che è arrivato il momento per un cambio radicale dal primo modello verso il secondo. Frison è l'autore principale del Rapporto di IPES Food "From uniformity to diversity - A paradigm shift from industrial agriculture to diversified agroecological systems". Frison è stato per dieci anni direttore generale di Bioversity International, organizzazione mondiale per la ricerca applicata allo sviluppo che promuove la biodiversità agricola come principale strumento per sfamare il mondo.



- Quando si parla del futuro dei sistemi agricoli e alimentari ci sono due approcci principali. In uno si parla di "intensificazione sostenibile", nell'altro di "agro-ecologia". Ma c'è così tanta differenza tra le due?
 - Secondo me si. L'intensificazione sostenibile è essenzialmente l'attuale modello di agricoltura industriale con più attenzione all'applicazione di pesticidi e fertilizzanti e a inquinare un po' meno. Un sistema diversificato agro-ecologico è invece un vero ripensamento radicale che mira a un'agricoltura non dipendente da input esterni e a ristabilire un buono stato dei suoli, così da avere la stessa produttività in modo davvero sostenibile.
 
 
- Questo è il principale messaggio del rapporto che IPES ha appena pubblicato?
- Sì, noi vogliamo un cambiamento radicale e un nuovo paradigma. Perché tutte le questioni che ci troviamo ad affrontare oggi, come l'inquinamento, o i problemi di salute relativi ai pesticidi o all'uso massiccio e preventivo degli antibiotici negli allevamenti che portano ai fenomeni di resistenza da antibiotici, il cibo che mangiamo, ricco di calorie ma povero in termini nutritivi… tutto questo è strettamente correlato al modello di agricoltura industriale. Quando guardiamo alla concentrazione di potere che esiste dentro la filiera vediamo che un numero di compagnie che si conta sulle dita delle mani controlla la grande maggioranza del mercato. Il loro interesse è di mantenere il sistema attuale, forse migliorarlo, per carità, non dico che non stiano cercando di essere più responsabili, ma hanno un interesse nel mantenere il modello industriale.
 
 
- Ma il contributo in termini di logistica e organizzazione che le grandi corporation riescono a dare, come si farebbe in un sistema agro-ecologia?
- Noi ci battiamo per valorizzare gli esempi che già ci sono e che funzionano. Il biologico non è esattamente equivalente ai sistemi agro-ecologici, che sono più onnicomprensivi, ma va nella giusta direzione. Stanno accadendo molte cose a livello di governance, con comunità locali che organizzano consigli per le politiche alimentari cui partecipano tutti gli stakeholder per provare a progettare assieme nuove forme di interazione tra produttori e consumatori. Si creano network tra agricoltori e scienziati e tra agricoltori diversi, un approccio noto in America Latina come iniziative "campesina-campesina"… insomma ci sono iniziative molto dinamiche dal basso e noi vogliamo creare un clima favorevole affinché queste attività fioriscano e smettano di essere nicchia o minoranza per diventare modello dominante.
 

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