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Verso una vitivinicoltura sempre più sostenibile
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Nuovi progressi dalle biotecnologie per aiutare i vitivinicoltori a coltivare uve con minor uso di fitofarmaci e ottenere vini sostenibili a vantaggio della salute dei consumatori. Se ne è parlato martedì 12 a Vinitaly nel primo convegno, seguito da una degustazione, sulle potenzialità, i limiti e le prospettive delle viti resistenti, organizzato da L’Informatore Agrario con Vinitaly, Crea ed Ersa.
«Dopo che l’UE ha introdotto una direttiva per ridurre l’impatto e i rischi legati all’uso dei prodotti fitosanitari, la difesa integrata è diventata un must, sono nati norme locali e protocolli viticoli di eccellenza» ha spiegato Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario. «L’aumento della temperatura di circa 2°C nelle principali zone viticole e la comparsa di nuove malattie come la virosi del Pinot grigio oggi impongono di pensare a nuove soluzioni a basso impatto ambientale come l’impiego di varietà resistenti naturalmente».
«Da decenni i ricercatori lavorano per ottenere varietà ottenute da incroci di viti che oggi sono cloni degli originali e garantiscono resistenza alle malattie e al clima con ottime performance in campo» ha detto Raffaele Testolin dell’Università di Udine. In particolare dal 1998 la stessa Università ha introdotto oltre 800 accessioni di vite in collezione, lavorando sul genoma. Dieci le varietà registrate, metà a bacca bianca e metà a bacca rossa: da Sauvignon a Cabernet Sauvignon a Merlot a Tocai friulano.
«Oggi la scienza offre la possibilità in genomica di studiare dal DNA al fenotipo, individuando le variazioni specifiche ed effettuando modificazioni mirate nei singoli geni – ha spiegato Michele Morgante, dell’Università di Udine. La cisgenica permette inoltre di inserire uno o pochi geni che determinano la resistenza in varietà già esistenti».
Se vuoi approfondire l'argomento, grazie al servizio Rivista Digitale, leggi l'articolo online a pagina 10 de L'Informatore Agrario n. 15/2016! Clicca qui
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