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Jean Cordier, la gestione dei rischi nella Pac

Jean Cordier, docente all'Istituto di superiore di Scienze agronomiche francese dell'Agrocampus Ouest, spiega le conclusioni del suo studio comparativo sugli strumenti di gestione del rischio agricolo nella Pac e nel Farm Bill. 



- Prof. Cordier, lei ha scritto un rapporto per il Parlamento europeo in cui mette a confronto i sistemi di gestione del rischio agricolo in Europa e Stati Uniti. Quali sono le sue conclusioni?


- Gli americani mettono tutto sulla gestione del rischio e sulle assicurazioni private, con qualche "rete di sicurezza" pubblica. L'Ue al contrario mette tutte le risorse sui pagamenti diretti, che non sono strumenti di gestione del rischio e che probabilmente in futuro saranno ridotti, e al tempo stesso non investe sulla gestione dei rischi. Il testo del regolamento 1305 del 2013 ne parla ma non li applica.

Voglio dire che siamo in una situazione in cui se ne scrive, se ne parla, ma non si fa. Si deve cambiare, partendo dall'idea di base del regolamento, cioè quella dei fondi mutualistici per mitigare l'impatto del crollo del livello di produzione e per stabilizzare il reddito degli agricoltori. Sono buone idee che bisogna mettere in pratica. Suggerirei di utilizzare gli anni a venire per ridefinire proprio le modalità di attuazione, condividendo le diverse esperienze.

L'idea che le "reti di sicurezza" pubblica siano nel primo pilastro e le misure sulla gestione del rischio nel secondo non è sostenibile perché impedisce di coordinare i due strumenti. Secondo elemento necessario è un budget flessibile, perché non si possono gestire gli imprevisti con un budget fisso e immutabile. Infine, anche se è un po' iconoclasta quello che dico, si dovrebbero recuperare risorse finanziarie dai pagamenti diretti per metterle in un fondo cumulativo – e non redistribuito ogni anno come la riserva di crisi di oggi – che faccia da riassicurazione per l'insieme dei sistemi di gestione del rischio dei diversi paesi.

L'esperienza nordamericana ha dei vantaggi, ma non è senza ombre. Ne vanno considerati gli aspetti positivi, che vanno calati nel contesto europeo e dei diversi paesi. Il rischio climatico da noi è più debole, mentre quello di mercato è pressoché equivalente. Si devono costruire, sulla base del tipo di fondi di cui abbiamo parlato, delle riserve che siano davvero utili per la gestione del rischio agricolo in Europa.

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