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2003 |
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UNIONE EUROPEA |
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Al via in Francia la "rottamazione" dei
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Un esempio su cui riflettere
Un programma di interventi finanziari intende favorire
la riduzione della capacità di produzione di carni avicole diminuendo nel
contempo la concentrazione degli allevamenti in determinate aree del territorio
La crisi mercantile che sta
mettendo in discussione gran parte del sistema agricolo comunitario parte da
molto lontano ed è di non facile soluzione per le sempre crescenti implicazioni
internazionali degli scambi.
Tuttavia alcuni Paesi
sicuramente più determinati di altri stanno già ponendo le basi per un
ripensamento dell’attuale sistema allevatoriale-produttivo.
Un esempio interessante è
offerto dai francesi che, colpiti anch’essi da una preoccupante crisi del
comparto avicolo, hanno varato un provvedimento degno di un’opportuna
attenzione.
Il programma di interventi
finanziari per l’avicoltura, imperniato sulla misura comunitaria relativa agli
«aiuti di Stato», risponde alla necessità di mettere in essere una riduzione
della capacità produttiva del settore.
L’intervento è stato
predisposto secondo le seguenti linee direttrici:
- l’aiuto deve inquadrarsi
nell’interesse generale del settore in questione;
- trattandosi di un settore
caratterizzato da sovrapproduzione, gli aiuti per la riduzione della capacità
produttiva devono far parte di un programma di ristrutturazione del settore;
- il programma deve essere
dotato di obiettivi chiaramente definiti e di una calendarizzazione specifica
(provvedimenti di durata illimitata non potranno essere accettati);
- deve essere prevista una
compensazione equa per il beneficiario;
- non può trattarsi di un
aiuto per il salvataggio e la ristrutturazione del settore;
- tutti gli operatori
economici del settore devono poter accedere al regime di aiuti a pari
condizioni;
- al fine di evitare
possibili rischi di distorsione della concorrenza e il pericolo di
sovracompensazione, il beneficiario deve assumere a proprio carico almeno la
metà dei costi relativi agli aiuti in questione sotto forma sia di contributi
volontari, sia di prelievi obbligatori. Questo criterio non si applica qualora
la riduzione della capacità produttiva sia motivata da problemi sanitari e/o
ambientali.
L’obbiettivo è quello di
permettere la chiusura di circa 500.000 m2 di impianti di allevamento di polli
da carne e la riduzione di circa 100.000 m2 di impianti di incubazione.
L’obbiettivo prioritario del
programma è quello di facilitare la chiusura di impianti vecchi e/o obsoleti
sia sul piano tecnico-sanitario che ambientale.
Sulla base della situazione
attuale le autorità hanno stimato che il piano dovrebbe comportare la chiusura
di 631 allevamenti per una superficie complessiva di 470.000 m2 e una riduzione
produttiva di oltre 150.000 t di carne.
Inoltre, obiettivo indiretto
del provvedimento è quello di allentare la concentrazione produttiva esistente
in determinate aree del territorio.
Infatti la zona interessata
dal provvedimento è concentrata nelle aree a maggior vocazione produttiva come
la Bretagna (60% della superficie) e la valle della Loira (14% della
superficie).
Un aspetto molto importante
del Piano è quello di coinvolgere principalmente la maggior parte degli
impianti indirizzati alla produzione di pollame «standard».
Proprio tali produzioni,
infatti, andavano a soddisfare i settori dell’esportazione e le fasce di
mercato basse e medio basse (mense, grande ristorazione, preparazioni a base di
carne) oggi in maggiore difficoltà.
Lo studio, portato avanti
dalle autorità francesi per determinare le cause della crisi che sta
interessando il settore dal 1998, ha evidenziato una consistente e progressiva
riduzione della quota di mercato di prodotto che veniva abitualmente esportata,
sia per la crescente concorrenzialità dei prodotti provenienti da Paesi terzi
che dalla lenta, ma costante diminuzione della domanda interna.
Su tale delicata questione è
bene precisare che i dati evidenziano un’attenzione maggiore del consumatore
francese verso prodotti «identificati», la cui origine comprova la provenienza
da allevamenti situati in determinati dipartimenti.
Nel 1998 la crisi, che ha
riguardato sia le carni di pollo sia quelle di tacchino, si è manifestata in
modo molto chiaro traducendosi in una flessione della produzione (–5% nel
periodo 1998-2000) e in una lenta ma sensibile
diminuzione delle esportazioni (–33% dal 1995 al 2002).
Gli interventi finanziari
previsti dal piano sono fissati in 14 euro/m2 di capannone dismesso. Questa
cifra riflette esattamente, secondo le autorità francesi, la rendita lorda per
metro quadrato per questo tipo di produzioni.
L’aiuto finanziario, il cui
budget previsionale è di 6 milioni di euro, verrà accordato a condizione della
cessazione definitiva dell’attività avicola dell’allevatore beneficiario, che
dovrà sottoscrivere un impegno di smantellamento definitivo dello stabilimento
avicolo e la cessazione dell’allevamento di volatili da carne per un periodo di
almeno 10 anni.
Questo impegno legherà anche
l’eventuale acquirente dello stabilimento.
Il non rispetto degli impegni
sottoscritti comporterà il rimborso integrale dell’aiuto più una multa.
Il pagamento sarà erogato a
tutti gli allevamenti nei quali la durata media annuale dell’occupazione sia
stata di almeno 180 giornate nel corso del triennio 2000-2002. Questo per
agevolare i produttori la cui attività di allevamento non risulti marginale.
Inoltre la liquidazione
dell’indennizzo avverrà soltanto dopo che siano state effettuate tutte le
verifiche necessarie a dimostrare lo smantellamento dell’impianto. Il
provvedimento, tra l’altro, non sarà retroattivo e quindi usufruibile da
impianti già precedentemente ritirati dalla produzione.
Un ultimo aspetto molto
interessante da sottolineare, anche ai fini del nulla osta comunitario al varo
del programma, riguarda la compartecipazione finanziaria prevista a carico
degli allevatori.
A tal riguardo, le autorità
francesi hanno svolto una particolare analisi economico-finanziaria precisando
che l’ammontare dell’aiuto stabilito in 14 euro/m2 è stato calcolato sulla base
della media della rendita lorda degli avicoltori negli anni 2000-2001.
Infatti, secondo un’inchiesta
realizzata dal Consiglio nazionale dei centri di economia rurale, il margine
lordo che è stato prodotto – definito come differenza tra il prodotto
dell’attività e i costi operativi (direttamente legati a essa) oppure come
contributo apportato dall’attività avicola alla copertura dei costi della
struttura (tra cui gli ammortamenti e i costi finanziari) – ammontava
rispettivamente a 22 euro/m2 nel 2000 e a 24 euro/m2 nel 2001, cioè, calcolato
sui due anni di riferimento, a ben 46 euro/m2.
L’ammontare di 14 euro/m2
copre dunque meno di un terzo del margine lordo dell’attività avicola, restando
a carico del beneficiario la differenza.
In tal modo la Commissione ha
dovuto constatare che, in effetti, il beneficiario continuerà ad avere a
proprio carico più della metà dei costi relativi agli aiuti.
Dato quanto sopra, la
Commissione conclude che la disposizione non rischia di avere effetti sul
commercio in misura contraria all’interesse comune e che quindi il piano
presentato può essere accolto in quanto misura che contribuisce allo sviluppo
del settore.
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