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2003 |
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POLITICA |
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Maggiori opportunità per i produttori di latte |
Intervista a Guglielmo
Rizzioli, presidente Unalat
La nuova politica dell’Unione
Europea verso il settore è più orientata alla qualità e ciò può creare le
condizioni per un rilancio delle attività in Italia. I produttori nazionali
devono però ricompattarsi semplificando il sistema associativo e definire
strategie comuni
Il 26 giugno scorso, a
Lussemburgo, i ministri agricoli dei 15 Paesi membri dell’Unione Europea hanno
approvato il pacchetto di riforma della pac proposto all’inizio dell’anno dalla
Commissione.
Chiediamo al presidente
dell’Unalat (l’Unione nazionale tra le associazioni di produttori di latte
bovino) Guglielmo Rizzioli quali effetti pratici avrà la nuova pac sul futuro
della zootecnia da latte.
«Ora che la revisione della
pac è stata approvata e che sono stati introdotti dei miglioramenti alle
iniziali proposte della Commissione europea, l’agricoltura e la zootecnia da
latte europea e italiana possono guardare con un moderato ottimismo al futuro,
anche perché abbiamo di fronte una fase di stabilità che dovrebbe estendersi
fino al 2013.
Purtroppo, le decisioni
finali hanno penalizzato il settore della carne bovina italiana e, quindi,
indirettamente anche i produttori di latte, il cui reddito è, in una certa
misura, dipendente dall’andamento del mercato della carne. Ma nel complesso il
pacchetto che è stato approvato offre delle opportunità che dobbiamo saper
cogliere con coraggio e determinazione».
Quali sono queste opportunità?
La politica di sviluppo
rurale è stata rafforzata, con nuove misure da inserire nei programmi regionali
e con maggiori risorse finanziarie. L’Unione Europea ha compiuto una decisa
sterzata in favore della qualità, che ora è diventata un elemento di primaria
importanza nel panorama della pac e che le istituzioni comunitarie intendono
perseguire e tutelare anche a livello internazionale. La riforma contiene degli
elementi che consentono di riconquistare la fiducia dei consumatori e creare le
condizioni per una sinergia a livello dell’intera filiera agroalimentare.
Ci sono possibilità ulteriori, a suo
avviso, per «aggiustare» alcune misure, soprattutto in vista di un così lungo
periodo di applicazione?
Ci sono delle correzioni da
apportare e delle scelte delicate da compiere. Proprio per questo dovremo
impegnarci nei prossimi mesi, a livello europeo e nazionale, con un approccio
aperto, attento e costruttivo.
Per quanto riguarda il
settore latte, i ministri agricoli hanno deciso di prolungare la validità del
regime delle quote fino al 2015 e hanno apportato alcune modifiche ai criteri
applicativi e gestionali che dovremo analizzare e valutare con molta
attenzione, anche per verificarne la coerenza con le disposizioni appena varate
a livello italiano con la legge 119 del 30 maggio scorso.
In un comunicato dell’Unalat si
richiamava la necessità di adeguare la normativa nazionale alla nuova pac e si
leggeva anche quanto fosse indispensabile ottenere più quote per il Paese, cosa
ci può dire al riguardo?
Purtroppo non ci sarà l’atteso
aumento del quantitativo globale garantito nazionale che il nostro Governo
aveva richiesto e non ci sarà nemmeno l’incremento lineare del 2% in due
tranche da applicarsi nel 2007 e nel 2008. Eventuali modifiche al volume delle
quote nazionali saranno prese in considerazione tra qualche anno, sulla base
dell’andamento di mercato.
Questo non consente di
cercare delle soluzioni rapide e indolori ai tanti problemi ancora presenti a
livello italiano. Occorrerà, quindi, prevedere una efficace applicazione del
programma di ristrutturazione previsto dalla legge 119 per rendere disponibile
quel volume di quote produttive in grado di coprire i tagli della quota B e
dare speranze di crescita e di consolidamento a tanti allevatori.
E il mercato nazionale? Come è la
situazione?
La grande preoccupazione dei
produttori italiani di latte è la ripresa del mercato nazionale, ancora
schiacciato da una crisi che dura da diverso tempo.
Le decisioni sulla riforma
della pac potrebbero aumentare la competitività della produzione europea sul
mercato internazionale e consentire, così, di superare l’attuale fase
caratterizzata dalla presenza di eccedenze sul mercato interno che fanno
sentire il proprio effetto anche sul prezzo del latte italiano.
Quali sono le previsioni sul versante
associativo?
È auspicabile che insieme
alle novità e ai problemi che si dovranno affrontare ci siano anche le
condizioni per rafforzare l’unità dei produttori negli organismi associativi,
rendere operativa l’interprofessione e contribuire a rafforzare un settore,
quello lattiero-caseario, in modo che sia in grado di soddisfare al meglio le
esigenze del mercato e il reddito degli allevatori.
Quali sono le richieste di Unalat al
Ministero delle politiche agricole e al Governo?
Insieme a un processo di riforme
per rilanciare lo sviluppo dell’agricoltura, un’attenzione al settore per una
piena attuazione della legge 119/03, il rispetto delle regole e una consistente
azione di promozione del latte e dei prodotti lattiero-caseari nazionali.
Il futuro?
Il futuro dipenderà
innanzitutto dalle scelte e dalle indispensabili riforme per lo sviluppo e
l’ammodernamento del Paese. Ma, al contempo, dipenderà anche dagli obiettivi
che il mondo agricolo vorrà perseguire. È giunto il momento infatti, dopo molte
divisioni, di ricompattare tutto il comparto agricolo, anche per una
semplificazione del sistema associativo. Naturalmente penso alle prospettive di
Aia e Unalat, rispetto alle quali è opportuno e indispensabile, ormai, definire
una strategia comune.
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