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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
36
 19 - 25 Set.

  2003
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POLITICA
Agricoltura colpevole?


Corrado Giacomini
Troppo spesso le grandi disparità tra Paesi ricchi e Paesi poveri vengono attribuite alle presunte «malefatte» delle politiche agricole dell’Europa e degli Usa: un’analisi semplicistica e inesatta

Ogni volta che si discute della liberalizzazione del commercio mondiale c’è qualcuno, anzi più di qualcuno, che scopre le malefatte della politica agraria degli Usa e della Cee, ora Ue, che, arroccata a difesa dei propri agricoltori, è considerata tra le maggiori responsabili della fame delle popolazioni del Terzo mondo.
Fa una certa impressione leggere, ad esempio, nell’editoriale di Francesco Giavazzi per il Corriere della Sera di mercoledì 10 settembre che «Ogni mucca allevata nell’Unione Europea riceve un sussidio superiore al reddito di centinaia di milioni di individui che abitano nei Paesi più poveri;...» o quello che scrive Ernesto Galli della Loggia su Sette, il magazine del Corriere dell’11 settembre, secondo il quale a causa delle esportazioni di mais Usa verso il Messico «il prezzo del granoturco messicano è caduto di più del 70%, riducendo in modo drastico il reddito dei 15 milioni di cittadini di quel Paese il cui livello di vita dipende dal prezzo del granoturco stesso». 
Quello che scrivono Giavazzi e Galli della Loggia è vero, ma è semplicistico dare la colpa di tutto questo alle lobby degli agricoltori come fa il primo o scoprire, come fa il secondo, che le ingiustizie iniziano nei campi e non nelle fabbriche. Non è il caso dei due autori, ma è stato spesso evidente che le violente critiche mosse alle politiche agricole protezionistiche degli Usa e della Cee in occasione dei passati round del Gatt erano strumentali, perché sollevate proprio da coloro che erano portatori degli interessi forti, vale a dire dall’industria, che non poteva e non può accettare che la difesa degli agricoltori, ormai minoranza sociale ed economica, possa rappresentare un ostacolo allo sviluppo del commercio mondiale.
Per fortuna che tutta la stampa nazionale e internazionale ha riconosciuto che il recentissimo «collasso» della conferenza di Cancun non può essere imputato all’agricoltura, ma alle regole «medievali» della Wto che hanno finito per accartocciarsi su se stesse nel momento in cui all’ordine mondiale di Usa e Ue si è aggiunto un altro soggetto portatore delle richieste e delle frustrazioni dei Paesi del Terzo mondo.
Ma torniamo a Giavazzi e a Galli della Loggia, tra gli editorialisti più stimati del Corriere della Sera, che forse si sono fatti prendere la mano dai dati inconfutabili che denunciano le gravi ingiustizie che dividono il Nord e il Sud del mondo. Ma non si può dare la colpa di tutto questo agli agricoltori! Le lobby certamente difendono i vantaggi acquisiti, e in questo sono sempre miopi, ma le misure a sostegno e a difesa dell’agricoltura europea e americana sono il risultato delle politiche di sviluppo messe in atto a vantaggio delle popolazioni e di tutti i settori delle economie in fase di decollo industriale sia dei Paesi della vecchia Europa che degli Stati Uniti d’America. Nessuno deve dimenticare che quella politica che, come scrive Galli della Loggia, ha portato a conservare «inutili» quintali di burro nei magazzini dell’Unione Europea e a «sbriciolare» tonnellate di arance sotto i cingoli dei trattori, è stata un formidabile strumento di coesione, che ha contribuito in misura determinante a far saltare i confini tra i diversi Stati dell’Unione.
Ancora non si può dare la colpa alla politica agricola degli Stati Uniti e dell’Europa di affamare il Sud del mondo, senza ricordare le responsabilità della politica coloniale e imperialista del passato, che non è stata voluta certamente solo dagli agricoltori e che rappresenta ancora oggi la vera barriera tra Paesi ricchi e Paesi poveri, soprattutto quando questi ultimi cominciano ad avere coscienza della loro identità e dignità nazionale. Forse questa è la vera causa del fallimento della conferenza di Cancun, dove per la prima volta i Paesi poveri si sono presentati in forze in un gruppo a geometria e composizione variabile, rendendo difficile la discussione e il confronto.
Bene fa Giavazzi a concludere il suo editoriale ricordando la brutta fine fatta da 50.000 bambini del Bangladesh quando, da un giorno all’altro, un solerte senatore americano bloccò le importazioni delle magliette che essi producevano. Non si può essere dalla parte di quelle lobby che vorrebbero che nulla cambiasse, quelle che oggi affermano, quasi contente del fallimento della conferenza di Cancun, «meglio nessun accordo che un cattivo accordo» (bisogna vedere per chi!), ma nemmeno si può essere d’accordo con quelle «anime belle», come le chiama Giavazzi, che vorrebbero far saltare subito il banco.
L’Ue ha dato prova di saggezza con la recente riforma della pac e ha diritto di pretendere che sia apprezzato il passo in avanti che ha fatto, perché non può e non deve dimenticare i suoi agricoltori, che sono il risultato delle politiche che tutti hanno voluto. 


Sommario rivista Corrado Giacomini
E-mail: c.giacomini@informatoreagrario.it


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